
Il commissario Fatuzzo all’Acqua Summit 2025: “L’acqua depurata è una risorsa, non un rifiuto”
MILANO 19 giugno 2025 – «Trattare l’acqua depurata come un rifiuto è una bestemmia, specie in un Paese dove la siccità è diventata una condizione strutturale». Con queste parole il professor Fabio Fatuzzo, Commissario Straordinario Unico per la Depurazione, ha sintetizzato il senso del suo intervento durante l’Acqua Summit 2025 promosso da Il Sole 24 Ore.
Secondo Fatuzzo, la normativa attuale limita il pieno utilizzo dell’acqua depurata, poiché consente lo scarico solo nei cosiddetti corpi idrici superficiali – torrenti o fiumi – che però, soprattutto nel Sud Italia, sono spesso inesistenti o secchi per gran parte dell’anno.
«In queste condizioni – spiega – stiamo commettendo una truffa a noi stessi: depuriamo l’acqua fino a un certo livello solo per poi sversarla in letti asciutti. È uno spreco inaccettabile».
Il Commissario ha sottolineato che un’acqua adeguatamente trattata può diventare risorsa strategica tanto per l’agricoltura quanto per l’industria:
«Portare l’acqua al livello di depurazione previsto dalle tabelle più restrittive significherebbe poterla impiegare senza limiti nelle colture, anche per quelle sotterranee, e nei processi industriali».
Fatuzzo ha fatto riferimento alla sua esperienza a capo dell’acquedotto di Catania, quando, chiedendo alle industrie che tipo di acqua servisse loro, ha ricevuto come risposta che era necessaria H2O, ovvero acqua ultra-pulita. Questo per evidenziare come l’investimento in depurazione ai massimi livelli potrebbe essere sostenuto proprio dalla vendita dell’acqua trattata al comparto industriale.
Un passaggio centrale del discorso ha riguardato la necessità di modificare le leggi vigenti, introducendo l’obbligo di non trattare più l’acqua depurata come rifiuto e l’autorizzazione a depurarla fino al massimo livello possibile, rendendola disponibile per diversi usi.
«Sì, depurare costa di più», ha ammesso il Commissario, «ma il valore generato da quell’acqua è di gran lunga superiore al costo dell’intervento. Si possono anche modulare gli impianti per adattarli al fabbisogno locale, avvicinandoli agli utilizzatori finali, così da ottimizzare l’efficienza».
Accanto agli interventi tecnici e normativi, per Fatuzzo serve una rivoluzione culturale: «L’ostacolo più grande non è tecnologico, ma psicologico: bisogna vincere la diffidenza dell’utente verso l’acqua depurata. Per farlo, bisogna iniziare dalle scuole, parlare apertamente di cosa significa “depurazione” e quali garanzie sanitarie offre».
Riconoscendo che servono anche strumenti premianti, Fatuzzo ha citato l’opportunità di introdurre certificazioni di sostenibilità e incentivi fiscali per le imprese che adottano l’uso dell’acqua depurata nei processi produttivi: «L’industria può ottenere vantaggi immediati, risparmiando su costi idrici e beneficiando di agevolazioni».
Chiudendo il suo intervento, Fatuzzo ha ribadito la necessità di affrontare il tema del riuso in tutte le sedi, a partire dai decisori pubblici, ma anche attraverso un ampio coinvolgimento della società civile.
«Parliamo di acqua che può essere utilizzata pienamente, persino per scopi potabili. È tempo di uscire dalla logica dello spreco e riconoscere l’acqua depurata per ciò che è: una risorsa preziosa per l’Italia di oggi e di domani».